
di Michele Tempera
Gli episodi di violenze
e soprusi contro minori che avvengono in diverse parti del mondo, segnate da
conflitti estremamente gravi (Nigeria, Siria, Iraq...), catalizzano
l’attenzione dell’opinione pubblica mondiale. Questa dinamica mediatica, sebbene
contribuisca a sensibilizzare molte persone in merito allo sfruttamento di
bambini e minori nel mondo, nasconde però i sistematici meccanismi di violenza
che sono diffusi globalmente. L’evento drammatico riguardante alcuni minori in
un luogo preciso (come ad esempio accaduto con il rapimento di un gruppo di
adolescenti da parte di Boko Haram in Nigeria), per quanto grave, viene
utilizzato mediaticamente in maniera da eclissare dall’attenzione
internazionale sulle tendenze strutturali nello stesso ambito, le quali sono
quantitativamente più gravi e numericamente più ampie.
Purtroppo, le
violazioni gravi dei diritti dei minori nel mondo sono estremamente diffuse,
tanto da costituire un comparto significativo dell’economia mondiale.
Integrati dal e nel mercato,
all’interno di molteplici settori, bambini e ragazzi in tutto il pianeta sono
regolarmente sfruttati economicamente. Ciò avviene in tutti i continenti, con
una frequenza crescente negli ultimi anni in paesi che da tempo stavano
contrastando lo sfruttamento minorile. In particolare, l’avanzata di questo
fenomeno nell’Europa dell’est ed in quella Meridionale (Italia compresa), pone
interrogativi inquietanti sulle tendenze economico-produttive indotte dalla
crisi economico-finanziaria che ha colpito il continente europeo.
Lo sfruttamento
minorile, che coinvolge almeno 180 milioni di bambini e ragazzi fino ai
quattordici anni nel mondo, può essere suddiviso in due categorie principali:
l’economia legale (o quasi legale) e quella completamente illegale.
Il primo termine, vale
a dire l’economia legale e semi-legale, costituisce l’ambito nel quale si
sviluppa l’ipocrisia più plateale riguardante lo sfruttamento minorile.
Infatti, in questo caso numerosi bambini e ragazzi sono impiegati in fabbriche
e piantagioni, le quali costituiscono parti importanti di intere economie
nazionali. Gli esempi del settore tessile in Bangladesh, delle più disparate
attività saltuarie in America Latina o quello del settore agricolo in
Kazakistan, sono solamente alcuni dei troppi modi in cui questo sfruttamento
contribuisce a distruggere infanzia e adolescenza di moltissimi ragazzi. Il
fatto che la maggior parte di questi casi di sfruttamento siano finalizzati a
produrre merci a basso costo da vendere ai consumatori impoveriti occidentali
(o a quelli poveri ma desiderosi di merci dei paesi in via di sviluppo), chiama
in causa direttamente e gravemente anche l’Unione Europea (a parole schierata a
difesa dei diritti dell’infanzia).
Per quanto riguarda
invece l’Europa e gli Stati Uniti, è sempre più frequente il formarsi di sacche
di povertà ed emarginazione che favoriscono l’impiego diffuso di minori in
lavori di vario genere. Caratterizzati dalla fatica e dalla bassissima
qualificazione delle mansioni, essi sono distanti dalle proposte episodiche di
formazione al lavoro che opportunamente forniscono esperienze lavorative utili
anche ai minori. L’esempio negativo italiano, il quale squallido emblema sono
(ma non solo) le città di Napoli e Palermo, è rivelatore di come la povertà e l’ignoranza
siano il retroterra sul quale si sviluppa lo sfruttamento minorile in
occidente.
Il secondo termine
della questione, l’impiego di minori nel mondo in attività del tutto illegali,
comporta un livello di gravità ancora superiore, in quanto tali attività
comprendono la prostituzione, l’arruolamento in eserciti regolari o irregolari,
la costrizione all’elemosina, il traffico di organi e la schiavitù vera e
prorpia. In questi casi, ad essere brutalmente violati non sono solamente i
diritti dei bambini e dei ragazzi coinvolti, ma la loro dignità umana e la loro
stessa vita. Queste tipologie di sfruttamento, sebbene leggermente diminuite
nel corso degli ultimi 10 anni, sono tutt’ora diffuse e praticate ovunque.
La loro persistenza è
dovuta, tra le molte cause, alla legittimazione dal punto di vista politico e
diplomatico di modelli economico-produttivi autoritari e irrispettosi dei
diritti umani. Da uno sfruttamento coloniale di interi continenti, alla rivalsa
di alcune nazioni che sono ora in grado di avere un ruolo autonomo sul piano
internazionale (Cina, Brasile, Turchia, diversi stati africani, India, ecc...),
modalità governative di repressione politica o di duro sfruttamento a fini
economico-produttivi, sono stati accettati ed anche apprezzati dall’occidente
“democratico”. In questa situazione di formale condanna ma di sostanziale
accettazione ed assenza di rimostranze concrete, i bambini ed i ragazzi sono
vittime predestinate del sistema liberista che sovraintende questa dinamica.
Un elemento ancora più grave,
che si manifesta di pari passo all’allargamento del fenomeno dello sfruttamento
e dell’abuso minorile a parti del mondo che ne erano meno colpite (come
l’Europa occidentale), è quello di una progressiva, ma evidente, convergenza
tra gli stati in via di sviluppo e quelli sviluppati in merito ai soprusi ai
danni di minori. Ciò è dovuto ad un livellamento verso il basso delle
condizioni di vita della maggior parte della popolazione mondiale, in atto
contemporaneamente in tutti i paesi del mondo. Alla radice dunque, troviamo,
ancora una volta, le diseguaglianze e le ingiustizie sociali, vale a dire
quegli elementi che il Papa traduce efficacemente con una economia (quella
liberista) che uccide.