Newsletter Gennaio 2015

L'Editoriale di Sauro Bandi

“La Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è di amare Gesù Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta… la Chiesa è madre dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere.” Così si esprime Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata mondiale del Migrante e del rifugiato. Subito dopo però il Papa riconosce che “Non di rado questi movimenti migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali, prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà lo straniero bisognoso… Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la chiamata a toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero, con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento. Dall’altra, però, a causa della debolezza della nostra natura, «sentiamo la tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe del Signore»  A questa situazione occorre reagire - scrive il Papa - con il coraggio della fede, della speranza e della carità, con l’educazione alla cultura dell’accoglienza, della solidarietà e dell’incontro.”

 Il messaggio è di una forte attualità considerando i tanti episodi di violenza e di scontro che registriamo nelle nostre città, d’insofferenza verso lo straniero, insieme ovviamente a tanti altri di accoglienza, di dialogo, di condivisione. Ma anche la preoccupazione per una cultura dell’odio che lo “straniero” rischia d’incarnare dopo i fatti di Parigi, dell’Isis e dei foreign fighters, cittadini europei arruolati nelle file dei miliziani dello stato islamico.

Che cos’è allora questa cultura dell’incontro tanto cara a papa Francesco e che tutti siamo chiamati a promuovere? La risposta sarebbe complessa, qui vorrei riportare solo alcuni orientamenti fondamentali richiamati dal Papa:

-         Dal punto di vista personale occorre superare la tentazione di una “prudente distanza” dalle persone e con coraggio, prendere l’iniziativa e farsi prossimo, “toccare” il fratello!

-      La comunità e le famiglie sono chiamate a vivere la loro maternità nutrendo, orientando, accompagnando con pazienza, facendosi vicine con la preghiera e le opere di misericordia, condividendo le risorse.

-       Gli stati hanno la responsabilità di dare vita ad una rete universale di collaborazione per la tutela della dignità di ogni persona, ad una globalizzazione della carità e della cooperazione, a sviluppare un nuovo ordine economico-finanziario e accrescere l’impegno per la pace.  

Per la nostra Italia mi piace riportare tre piste di lavoro che mons. Perego, direttore nazionale della Fondazione Migrantes ha elencato in relazione all’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo e le conclusioni che ne trae:

 a. La necessità di estendere almeno in tutti i 3.000 comuni sopra i 5.000 abitanti almeno un’unità di accoglienza dei richiedenti asilo, attraverso progetti che estendano il progetto SPRAR almeno a 50.000, con una partecipazione adeguata anche dei Comuni del Nord Italia: in un Paese democratico il riconoscimento del diritto d’asilo non può essere schiavo di pregiudizi ideologici. Al tempo stesso consolidare una rete di prima accoglienza strutturata sul territorio nazionale, attraverso il mondo dell’associazionismo e della cooperazione sociale, della realtà ecclesiale, almeno per 100.000 persone, che permetta da subito la tutela di chi arriva nel nostro Paese da drammatiche situazioni, con un’attenzione forte alla tutela dei minori, delle famiglie.

b. In relazione alla tutela dei minori non accompagnati, si deve segnalare la più grave carenza nell’accoglienza, soprattutto nelle famiglie, nonostante le indicazioni della disciplina dell’adozione e dell’affidamento minori (legge 28 marzo 2001) e del titolo VIII del libro primo del codice civile, che prevedono la possibilità “di stipulare convenzioni con enti e associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie” (art. 1) e che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare… è affidato ad una famiglia preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno” (art. 2). Solo nel caso questo non fosse possibile “è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare”. Abbiamo assistito all’accoglienza fino a un centinaio di minori in strutture, comunità, scuole non adatte alla tutela, con un coinvolgimento insignificante delle famiglie e delle associazioni per l’affido. Forse alcune precise e puntuali indicazioni applicative della legge a tutela dei minori non accompagnati, perché da subito sia garantita la tutela di chi arriva in Italia, sarebbero necessarie, per evitare anche che 3.500 minori scompaiano nel nulla, come è successo nel 2014.

c.  Se nel 2014 sono arrivate oltre 170.000 persone sul territorio italiano, al 1° gennaio 2015 le persone accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66.000, cioè poco più di 1/3. Giustamente l’Italia per molte persone, in particolare siriani e palestinesi, è stata terra di passaggio per raggiungere famiglie e comunità in altri paesi europei, dove, tra l’altro, esistevano maggiori possibilità lavorative, ma anche strumenti e modalità di accoglienza più efficaci. Una nota positiva è che nel 2014 i 10 CIE in Italia, di cui metà chiusi, vedono oggi la presenza solo di 276 persone a fronte di 1.748 posti: si spera che presto si arrivi finalmente alla chiusura di strumenti di una stagione ideologica e costosissima di trattenimento dei migranti.

In conclusione, le migrazioni forzate nel 2014 sono state l’urgenza più impellente e la più significativa provocazione al nostro Paese e all’Europa per ridisegnare non solo le possibilità e gli strumenti di accoglienza e di tutela dei richiedenti asilo, ma anche per ripensare l’ Europa e l’Italia con un ‘supplemento di cittadinanza’. La fragilità di decine di paesi, le 27 guerre in atto, disastri ambientali crescenti, dittature, violenze e persecuzioni politiche e religiose, chiedono all’Europa uno sforzo maggiore non per presidiare le frontiere, ma per superarle a tutela della dignità della persona umana.

 

 

01/15 Il Punto sull'economia

Le politiche di austerità applicate dall'Unione Europea, su direttive della Germania, hanno purtroppo comportato un peggioramento della situazione in tutti i paesi della fascia mediterranea