01/15 Uno Sguardo alla Mondialità
La schiavitù continua a essere utilizzata in molte parti del mondo, nonostante trattati e convenzioni internazionali abbiano formalmente bandito questa pratica che lede la dignità umana.
L'Editoriale di Sauro Bandi
“La
Missione della Chiesa, pellegrina sulla terra e madre di tutti, è di amare Gesù
Cristo, adorarlo e amarlo, particolarmente nei più poveri e abbandonati; tra di
essi rientrano certamente i migranti ed i rifugiati, i quali cercano di
lasciarsi alle spalle dure condizioni di vita e pericoli di ogni sorta… la
Chiesa è madre dal cuore aperto sul mondo intero, senza frontiere.” Così si esprime
Papa Francesco nel suo messaggio per la giornata mondiale del Migrante e del
rifugiato. Subito dopo però il Papa riconosce che “Non di rado questi movimenti
migratori suscitano diffidenze e ostilità, anche nelle comunità ecclesiali,
prima ancora che si conoscano le storie di vita, di persecuzione o di miseria
delle persone coinvolte. In tal caso, sospetti e pregiudizi si pongono in
conflitto con il comandamento biblico di accogliere con rispetto e solidarietà
lo straniero bisognoso… Da una parte si avverte nel sacrario della coscienza la
chiamata a toccare la miseria umana e a mettere in pratica il comandamento
dell’amore che Gesù ci ha lasciato quando si è identificato con lo straniero,
con chi soffre, con tutte le vittime innocenti di violenze e sfruttamento.
Dall’altra, però, a causa della debolezza della nostra natura, «sentiamo la
tentazione di essere cristiani mantenendo una prudente distanza dalle piaghe
del Signore» A questa situazione occorre
reagire - scrive il Papa - con il coraggio della fede, della speranza e della
carità, con l’educazione alla cultura dell’accoglienza, della solidarietà e
dell’incontro.”
Che
cos’è allora questa cultura dell’incontro tanto cara a papa Francesco e che tutti
siamo chiamati a promuovere? La risposta sarebbe complessa, qui vorrei
riportare solo alcuni orientamenti fondamentali richiamati dal Papa:
- Dal punto di
vista personale occorre superare la tentazione di una “prudente distanza” dalle
persone e con coraggio, prendere l’iniziativa e farsi prossimo, “toccare” il
fratello!
- La comunità e le
famiglie sono chiamate a vivere la loro maternità nutrendo, orientando,
accompagnando con pazienza, facendosi vicine con la preghiera e le opere di
misericordia, condividendo le risorse.
- Gli stati hanno la responsabilità di dare vita ad una rete universale di collaborazione per la tutela della dignità di ogni persona, ad una globalizzazione della carità e della cooperazione, a sviluppare un nuovo ordine economico-finanziario e accrescere l’impegno per la pace.
Per
la nostra Italia mi piace riportare tre piste di lavoro che mons. Perego,
direttore nazionale della Fondazione Migrantes ha elencato in relazione
all’accoglienza di rifugiati e richiedenti asilo e le conclusioni che ne trae:
b. In relazione alla tutela dei minori non accompagnati, si deve segnalare la più grave carenza nell’accoglienza, soprattutto nelle famiglie, nonostante le indicazioni della disciplina dell’adozione e dell’affidamento minori (legge 28 marzo 2001) e del titolo VIII del libro primo del codice civile, che prevedono la possibilità “di stipulare convenzioni con enti e associazioni senza fini di lucro che operano nel campo della tutela dei minori e delle famiglie” (art. 1) e che “il minore temporaneamente privo di un ambiente familiare… è affidato ad una famiglia preferibilmente con figli minori, o ad una persona singola, in grado di assicurargli il mantenimento, l’educazione, l’istruzione e le relazioni affettive di cui egli ha bisogno” (art. 2). Solo nel caso questo non fosse possibile “è consentito l’inserimento del minore in una comunità di tipo familiare”. Abbiamo assistito all’accoglienza fino a un centinaio di minori in strutture, comunità, scuole non adatte alla tutela, con un coinvolgimento insignificante delle famiglie e delle associazioni per l’affido. Forse alcune precise e puntuali indicazioni applicative della legge a tutela dei minori non accompagnati, perché da subito sia garantita la tutela di chi arriva in Italia, sarebbero necessarie, per evitare anche che 3.500 minori scompaiano nel nulla, come è successo nel 2014.
c. Se nel 2014 sono arrivate oltre 170.000 persone sul territorio italiano, al 1° gennaio 2015 le persone accolte e rimaste nelle diverse strutture di prima e seconda accoglienza sono poco meno di 66.000, cioè poco più di 1/3. Giustamente l’Italia per molte persone, in particolare siriani e palestinesi, è stata terra di passaggio per raggiungere famiglie e comunità in altri paesi europei, dove, tra l’altro, esistevano maggiori possibilità lavorative, ma anche strumenti e modalità di accoglienza più efficaci. Una nota positiva è che nel 2014 i 10 CIE in Italia, di cui metà chiusi, vedono oggi la presenza solo di 276 persone a fronte di 1.748 posti: si spera che presto si arrivi finalmente alla chiusura di strumenti di una stagione ideologica e costosissima di trattenimento dei migranti.
In conclusione, le migrazioni forzate nel 2014 sono state l’urgenza più impellente e la più significativa provocazione al nostro Paese e all’Europa per ridisegnare non solo le possibilità e gli strumenti di accoglienza e di tutela dei richiedenti asilo, ma anche per ripensare l’ Europa e l’Italia con un ‘supplemento di cittadinanza’. La fragilità di decine di paesi, le 27 guerre in atto, disastri ambientali crescenti, dittature, violenze e persecuzioni politiche e religiose, chiedono all’Europa uno sforzo maggiore non per presidiare le frontiere, ma per superarle a tutela della dignità della persona umana.
La schiavitù continua a essere utilizzata in molte parti del mondo, nonostante trattati e convenzioni internazionali abbiano formalmente bandito questa pratica che lede la dignità umana.
Le politiche di austerità applicate dall'Unione Europea, su direttive della Germania, hanno purtroppo comportato un peggioramento della situazione in tutti i paesi della fascia mediterranea