
Giunto alla sua 9^ edizione, il Rapporto Povertà e Risorse diocesano consegna definitivamente alla comunità ecclesiale e a quella civile la proposta di unire gli sguardi e la riflessione per co-costruire una lettura integrata e plurale delle povertà del nostro territorio, ma anche delle possibili risposte a questa “crisi” che oggi rivela la sua natura iniqua e inequa (come l’ha descritta papa Francesco).
Per la stesura del Rapporto è proseguita anche quest’anno la collaborazione con la Pastorale Della Famiglia, il Servizio Migrantes e l’Uff. Missionario. Oltre agli articoli di approfondimento e alle analisi degli esperti, trovano spazio i racconti delle realtà e dei progetti che quotidianamente pongono i “poveri al centro”. I dati sulle povertà e sulle risorse sono stati forniti dai Centri di Ascolto Caritas.
Rileggendo l’anno 2017 si evidenziano, fra le
difficoltà maggiormente impegnative: la povertà multidimensionale,
stratificata, senza sbocchi effettivi e in via di consolidamento(nel 2017
il numero totale degli utenti dei CDA Caritas della diocesi è pari a 3361
- erano 3488 nel 2016 -), un leggero aumento dei beneficiari che
sono 8077 (contro i 7444 del 2016) e i bisogni manifestati
(lavoro, reddito, casa, famiglia) Per gli italiani al primo posto ci sono le
problematiche relative ad un reddito insufficiente, al secondo le difficoltà
relative alla sfera lavorativa e al terzo le difficoltà di tipo ‘familiare’.
Per la componente straniera invece la problematica relativa all’emergenza
abitativa è al terzo posto,mentre
al primo vi sono le problematiche relative al reddito assente o insufficiente e
al secondo posto le criticità relative all’ambito lavorativo.
Per quanto riguarda la nazionalità degli utenti, il 62,42% è straniero,
mentre nei soli CDA parrocchiali tale differenza risulta molto meno
marcata: il 40,85% degli utenti è di nazionalità italiana contro il
57,29% di utenti di nazionalità straniera. Il dato sulle difficoltà
lavorative è coerente con la condizione professionale registrata dai CdA:
più del 60% dell’utenza risulta in una condizione di disoccupazione (1307
utenti). Tale dato diventa ancora più evidente per l’utenza straniera: il
67% presenta condizioni di disoccupazione, mentre per gli italiani è pari al
51%. Considerando
il primo bisogno presentato dagli utenti dei CdA, ovvero l’inadeguatezza del
reddito, è interessante riportare i dati relativi alla condizione reddituale
degli utenti: più della metà di essi non ha un reddito (52%).
Infine, in riferimento all’età dei beneficiari, dato il carattere ‘familiare’ del modello di povertà italiano, non sorprende che una componente considerevole e in costante aumento rispetto agli anni precedenti, pari a quasi il 30%, sia costituita da minori (0-17 anni), mentre circa un quarto degli utenti è rappresentato da giovani (18-34 anni)
A fronte di tali bisogni e problematiche quali sono i servizi erogati sul territorio dagli enti Caritas? Nel 2017 i servizi di ‘prima necessità erogati dal CdA diocesano’, quali il consumo di pasti (colazioni e pasti serali - 33.269 distribuiti) e l’accoglienza notturna sono i più numerosi. Vi è stata quindi una concentrazione sui servizi di base, meno sull’accompagnamento.
Però il ruolo dei CdA Caritas risulta prezioso poiché chi è povero non manca soltanto di mezzi materiali per condurre una vita dignitosa, ma molto probabilmente si trova in una condizione di solitudine e di isolamento sociale che rende ancora più dure le sue già avverse condizioni di vita. I CdA rappresentano innanzitutto ‘orecchie attente’ con le quali ascoltare e restituire riconoscimento e dignità a cittadini in difficoltà materiale e relazionale.
Occorre trovare nuove forme di cura e riposta ai bisogni con soggetto la comunità intera nelle sua varie espressioni a partire dalle famiglie e non appannaggio della caritas. Inoltre il volontariato di cui c’è bisogno è quello dell’accompagnamento, del tutoraggio, della contaminazione vitale che richiede un livello più alto di motivazioni. Se la presa in carico da parte di un servizio avviene in base al problema/bisogno di cui la persona è portatrice, si rischia di identificare la persona con il problema, senza valorizzare le risorse personali. Vanno rilanciate tutte le azioni che favoriscono la crescita del “buon vicinato”,di reciprocità e condivisione tra le persone e le comunità.
Fg